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  • Immagine del redattoreDott.gabrielebedini

Coagulazione intravascolare nella CoViD-19: tromboembolia o trombosi polmonare?

Abbiamo già parlato dell'immunità innata coinvolta nella risposta contro l'infezione da SARS-CoV-2 e accennato alle complicazioni che un'iperattivazione di questa risposta può portare nell'ambito dell'evoluzione della CoViD-19. Abbiamo parlato di insufficienza d'organo diffusa ma perlopiù frequente in sede polmonare, sede in cui l'aggravarsi della malattia si manifesta con una sindrome da distress respiratorio acuta in un elevato numero di pazienti i quali necessitano di ventilazione meccanica o di terapia intensiva e vanno incontro a un elevato rischio di mortalità. Tra le ipotesi che sono alla base di questo fenomeno ci sono complicazioni di tipo infiammatorio che potrebbero indurre una coagulazione intravascolare disseminata e portare alla formazione di trombi e/o emboli in vari distretti tra cui quello polmonare. Questi fenomeni trombotici e coagulativi concorrerebbero a determinare la gravità della malattia e il decesso dei pazienti.

Tuttavia, come accennato, il danno polmonare non è l'unica ragione dell'alto rischio di morte, in quanto altri organi come per esempio il cuore e reni possono essere gravemente danneggiati. Ciò implica che la CoViD-19 sia una malattia multiorgano mediata da una iperinfiammazione sistemica che può far precipitare la gravità di tale malattia fino all'insufficienza d'organo con tutte le conseguenze che questa può portare. (Vedi anche il precedente articolo sulla risposta immunitaria).

L'insufficienza multiorgano, oltre ad essere mediata dall'infezione virale a carico degli epiteli dei vari organi le cui cellule esprimono il recettore ACE2 e possono essere per tanto bersaglio virale, potrebbe dipendere anche dal fatto che la maggior parte dei pazienti con CoViD-19 in gravi condizioni è nota anche per essere associata a cambiamenti precoci della coagulazione e attivazione piastrinica, condizioni che possono implicare eventi legati a trombosi o lesioni ischemiche come infarto miocardico e ictus cerebrale. Dati recenti hanno mostrato che il danno miocardico compatibile con l'ischemia coronarica può essere rilevabile nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2 e dati di laboratorio che indagano il sistema della coagulazione suggeriscono la presenza di uno stato di ipercoagulazione. È quindi plausibile che i pazienti CoViD-19 possano manifestare eventi trombotici negli alberi coronarici e cerebrali o in altri distretti circolatori, inclusi polmoni e reni. I dati clinici finora riportati sono indicativi di complicanze vascolari che si verificano nella circolazione coronarica mentre il coinvolgimento di altri distretti non è ancora chiaro.

Vari studi riportano che il comportamento di variabili della coagulazione e della conta piastrinica nei pazienti CoViD-19 è indicativo di uno stato di ipercoagulazione, tuttavia la presentazione clinica e le complicanze di CoViD-19 sono ampie.

I pazienti ricoverati in ospedale colpiti dalla malattia sono spesso complicati da una polmonite grave, che può verificarsi, dall'80 al 100% circa dei casi. Considerando che le infezioni del tratto respiratorio sono associate ad un aumentato rischio di malattie vascolari (sia a carico delle arterie che trombosi venosa) non sorprende che l'infezione da SARS-CoV-2 possa essere complicata da cambiamenti nella coagulazione il cui risultato finale è l'attivazione della coagulazione formazione di trombi. Tra le complicanze di eventi trombotici arteriosi, i pazienti con polmonite possono manifestare infarto acuto del miocardio in circa il 10% dei casi, mentre meno frequenti sembrano essere gli ictus. Tuttavia, nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, la descrizione dettagliata delle complicanze cardiovascolari è ancora carente anche se in alcune segnalazioni è possibile apprezzare i dati che indicano il verificarsi di un danno miocardico rappresentato da livelli aumentati di troponina associati o meno con cambiamenti di ECG compatibili con l'infarto del miocardio.

Finora non sono stati riportati dati riguardanti la trombosi venosa profonda. Mentre invece anomalie sistemiche della coagulazione, inclusa l'attivazione di questa e l'inibizione dei fattori anticoagulanti, sono state osservate non solo nella sepsi ma anche nella polmonite.

Vi sono dei cambiamenti che si verificano durante la fase acuta della polmonite, che possono far precipitare il paziente in una trombosi venosa: i meccanismi che spiegano la coagulazione e i cambiamenti vascolari non sono stati ancora ben definiti ma la produzione di ossidanti reattivi (ROS) potrebbe avere un ruolo in questo ambito. Queste specie reattive potrebbero essere implicate sia nella coagulazione che nell'attivazione piastrinica, agendo come via "intrasignaling" nel promuovere la generazione di trombina e l'aggregazione piastrinica così come nel compromettere la dilatazione delle arterie. Tuttavia i dati relativi alle modifiche della coagulazione nell'infezione da SARS-CoV-2 sono ancora scarsi e sfuggenti.

L'unica scoperta che potrebbe essere coerente con l'attivazione della coagulazione è l'aumento del D-dimero. Vi è anche una tendenza verso il prolungamento del PT, PTT e una bassa conta piastrinica nei pazienti con malattia grave, che suggerisce un evento coagulativo nel determinare il precipitare della malattia verso esiti sfavorevoli. I dati preliminari, sulla relazione tra D-dimero elevato e scarso risultato terapeutico sarebbero a favore di questa ipotesi, ma sono necessari ulteriori indagini. I dati fin qui emersi suggeriscono un'attivazione della coagulazione intravascolare di basso grado, evidente nei pazienti con malattia grave. La scoperta più coerente a sostegno di questa ipotesi è che l'aumento del D-dimero è associato a una scarsa sopravvivenza.


Sulla base di quanto emerso finora, la raccomandazione di utilizzare eparina ad alte dosi per la tromboprofilassi sarebbe giustificata?

I pazienti CoViD-19 gravemente malati hanno un rischio maggiore di tromboembolia venosa, un termine che combina la trombosi venosa profonda (TVP) e la sua più grave complicazione cioè l'embolia polmonare. Sebbene l'incidenza del tromboembolismo venoso nei pazienti CoViD-19 potrebbe essere stata sopravvalutata in alcuni casi, secondo un recente studio, il trattamento con dosi profilattiche base di eparina a basso peso molecolare (LMWH) è raccomandato per questi pazienti quando coesistono fattori di rischio.

Un recente documento dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha suggerito l'uso di enoxaparina in un dosaggio da 80 a 100 mg al giorno, invece dei soliti 40 mg, mentre in alcuni ospedali è stata impiegatrta a dosi anticoagulanti complete.

Tuttavia è necessario tenere conto del fatto che la distinzione tra trombi polmonari ed emboli polmonari non è banale, perché la loro patogenesi e quindi anche il trattamento sono probabilmente diversi.

Proprio i trombi locali sia nei polmoni che in altri organi, piuttosto che gli emboli dovuti a trombosi delle vene periferiche, sembrano essere il segno distintivo della CoViD-19 e responsabili delle gravi manifestazioni cliniche di tipo ischemico che caratterizzano la malattia nella sua forma grave.

Molti casi ricordano più i trombi polmonari piuttosto che gli emboli, perché non sono completamente occlusivi. Questi trombi polmonari probabilmente si sviluppano come conseguenza del danno vascolare associato a infezione virale e grave infiammazione, con il contributo delle piastrine che interagiscono con la parete vascolare, i leucociti e altri fattori che contribuendo a stimolare la trombo-infiammazione.

L'eparina ad alte dosi, in questo contesto, può non solo essere inefficace, ma può addirittura essere pericolosa, probabilmente contribuendo alla componente emorragica descritta della microangiopatia. Mentre solo studi clinici randomizzati possono rispondere a questa domanda, è ben noto che la somministrazione di LMWH ad alte dosi sia associata ad un'aumentata incidenza di sanguinamenti anche fatali (che si è effettivamente verificata in alcuni pazienti italiani CoViD-19 molto probabilmente in associazione con l'alto grado di anticoagulazione). In attesa dei risultati di eventuali studi clinici randomizzati che testino l'eparina ad alte dosi, si presume che sia bene continuare utilizzare 40 mg di enoxaparina per la tromboprofilassi dei pazienti CoViD-19.





Thromb Haemost. 2020 Apr 29. doi: 10.1055/s-0040-1710317. [Epub ahead of print]Hypercoagulation and Antithrombotic Treatment in Coronavirus 2019: A New Challenge.Violi F1, Pastori D1, Cangemi R2, Pignatelli P1, Loffredo L1.


Thromb Haemost. 2020 Apr 29. doi: 10.1055/s-0040-1712097. [Epub ahead of print]Pulmonary Embolism or Pulmonary Thrombosis in COVID-19? Is the Recommendation to Use High-Dose Heparin for Thromboprophylaxis Justified?Cattaneo M1,2, Bertinato EM2, Birocchi S2, Brizio C1,2, Malavolta D1,2, Manzoni M1,2, Muscarella G1,2, Orlandi M1,2.

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