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  • Immagine del redattoreDott.gabrielebedini

LA CARNE ROSSA è cancerogena?

Dopo la dichiarazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che riconosceva la carne rossa, in particolar modo salumi e insaccati, come cancerogena, si è scatenato un vero e proprio dibattito in cui si è visto e letto di tutto. Ma il punto è: la carne, in particolar modo quella rossa, fa male o no? Con questo articolo, intendo approfondire il coinvolgimento della carne nella patogenesi del cancro al colon. Cerchiamo dunque di fare chiarezza sull'argomento, entrando nei dettagli dell'alimento sotto inquisizione.

La carne rossa in particolar modo, ma, in realtà, pressoché tutti i tessuti commestibili di derivazione animale, contengono dei fattori infiammatori. Similmente all'organismo umano, anche nella bestia esistono delle molecole chimiche che in fisiopatologia ricoprono il ruolo di mediatori dell'infiammazione. Queste molecole come per esempio: istamina, TNF, citochine pro-infiammatorie o i loro precursori in forma non attiva, sono ovviamente presenti in un organismo animale vivente, poiché hanno un ruolo attivo nella flogosi.

Tale processo flogistico, finché sotto controllo, va considerato come fisiologico, poiché si tratta di uno "strumento" di difesa innata in un organismo animale che viene impiegato nei confronti di eventuali agenti esterni o potenziali minacce che potrebbero essere agenti eziologici di svariate patologie.

L'infiammazione in fisiopatologia, è descritta infatti come un processo fisiologico che si attiva in risposta a un “danno” oppure un “intruso”. L’infiammazione è appunto mediata da queste molecole chimiche sopra citate, mediante un meccanismo di autoregolazione che serve a garantire il controllo della flogosi (un’infiammazione incontrollata può degenerare fino a diventare una condizione patologica, come per l'appunto avviene nelle patologie infiammatorie acute o croniche).

Questa premessa, anche se vi può sembrare noiosa, era necessaria per chiarire che l'infiammazione serve a salvaguardare il nostro organismo, ma l'eccesso di questa o la mancanza del controllo può portare anche a un danno di notevole rilevanza in sede tissutale o circolatoria.

Il primo punto di inquisizione nei confronti della carne è che, essendo un tessuto animale nel quale ovviamente è presente anche sangue, contiene questi fattori infiammatori che, nonostante possano trovarsi anche in forme inattive o essere in parte inattivati dalla cottura o da altri trattamenti, in una certa misura e a seguito di una certa esposizione, possono essere comunque in grado di instaurare un processo infiammatorio a livello dei tessuti con in quali vengono a contatto. Ci riferiamo dunque al tratto digerente di una persona, che anatomicamente va dalla cavità orale fino all'ano, passando per l’esofago, lo stomaco, il duodeno, l’intestino tenue e il colon.

A contatto con la mucosa in questi distretti, si può dunque instaurare un processo infiammatorio che sarà tanto più importante e tanto più persistente quanto più spesso si è esposti.

Secondo punto di inquisizione: la carne è un tessuto animale e come tale viene irrorata dal sangue, come già detto. Il sangue, oltre a contenere i fattori infiammatori di cui parlavamo nel punto precedente, contiene anche i globuli rossi, i quali contengono l’emoglobina (necessaria per il trasporto dell’ossigeno) che a sua volta contiene in misura importante il cosiddetto ferro eme. La carne rossa in particolar modo è ricca di questo minerale. A primo impatto potrebbe apparire come "un bene" poiché sarebbe un’ottima fonte di ferro, e magari lo è pure, se paragonata ad altri alimenti che ne sono privi o quasi, ma purtroppo questo ferro non viene totalmente assorbito e va facilmente incontro a ossidazione. L'assorbimento del ferro può essere stimato in un 5-10% di quello presente nell'alimento consumato. Per di più, il ferro ossidato, oltre a non essere correttamente assorbito, infiamma le mucose con le quali viene a contatto, specie se resta a contatto per molto tempo con queste (per questa e altre ragioni, infatti, la stipsi rappresenta un fattore di rischio per il cancro al colon). Possiamo prevedere anche delle strategie alimentari per massimizzare l’assorbimento del ferro, riducendone l’ossidazione, come per esempio aggiungere del limone fresco spremuto poiché contiene la Vitamina C la quale svolge un ruolo antiossidante sul ferro, tuttavia non si ottiene un notevole aumento della percentuale di ferro disponibile.


Nel terzo punto andiamo ad analizzare un particolare tipo di carne, cioè quella lavorata ma soprattutto quella conservata (carne in scatola, salumi e insaccati, salvo rarissime eccezioni). In questo caso il problema, meglio chiamarlo fattore di rischio, non è intrinseco dell'alimento, ma è riconducibile alle sostanze che vengono impiegate dall'industria alimentare come conservanti.

I conservanti quali nitriti e nitrati (additivi alimentari codificati con le sigle: E249; E250; E251; E252) permettono sì di mantenere più a lungo un prodotto, riducendo il rischio di contaminazione biologica, ma purtroppo sono precursori di molecole ad alto potere infiammatorio e addirittura cancerogeno che si chiamano nitrosammine, molecole nelle quali i nitriti ed i nitrati si trasformano in seguito ai processi digestivi. Quindi, in caso di marcata e prolungata esposizione a questi alimenti, l'azione infiammatoria e cancerogena ad opera delle nitrosammine si va a sommare alle altre precedentemente descritte. Inoltre, queste nitrosammine possono essere assorbite ed entrare nella circolazione sanguigna, per essere poi eliminate mediante l'escrezione urinaria quindi a opera del rene e di tutto l'apparato urinario, verso il cui epitelio andranno a esercitare la medesima azione cancerogena.

Allo stesso modo, è quasi ovvio che costituiscano un veleno anche gli ormoni e gli antibiotici che possono essere residui di allevamenti intensivi.

Come ultimo punto, andiamo ad approfondire anche l'eventuale modalità di cottura (ma questo aspetto è relativo a tutti gli alimenti, non solo alla carne). In seguito a svariati processi di cottura (griglia, forno, padella, per non parlare poi della cottura sulla brace, nella quale vi è anche il fumo della combustione del legno) si formano delle sostanze note come poliammine ed idrocarburi aromatici policiclici, sostanze che sono vere e proprie molecole cancerogene, favoriscono infatti la formazione e la progressione delle cellule tumorali. Queste sostanze sono responsabili del colore scuro che assumono gli alimenti in seguito alla cottura, ovviamente con la cottura alla brace questi si sommano alle altrettante molecole che prendono origine dalla combustione e sono dotate di un forte potere cancerogeno ai danni dell’epitelio con il quale entrano a contatto (basti pensare al fumo delle sigarette). Non fa eccezione l’affumicatura, processo nel quale è intuibile che avvenga la medesima dinamica. Diversa invece sarebbe la bollitura o la cottura al vapore.


Fatte tutte le premesse e date le spiegazioni, cerchiamo adesso di trovare anche una soluzione per risolvere queste problematiche relative al consumo di carne, soluzione che però non però l'eliminazione della carne dalla nostra alimentazione, come auspicherebbero invece i signori vegani.

La soluzione più idonea, come del resto vale in quasi ogni circostanza, sta proprio nella moderazione.

Abbiamo parlato in un certo senso di veleni e sappiamo che ogni sostanza può essere un veleno, anche quella apparentemente più innocua, come sappiamo anche che l'effetto di ogni veleno è certamente dose-dipendente. Anche quello più letale.

Bisogna poi tener presente che la carne è anche un'ottima fonte di proteine nobili, cioè ad alto valore biologico, in altre parole proteine che forniscono tutto il pool di amminoacidi essenziali. Basti pensare che per ottenere lo stesso bilanciamento amminoacidico da fonti di proteine vegetali, dovremmo per esempio mettere insieme cereali e legumi, ingerendo inevitabilmente anche una ricca fonte di carboidrati, che pur vanno considerati per il bilancio energetico e non unicamente per quello.

Non solo, ma pensate davvero che i pesticidi usati per la coltivazione di frutta e verdura, le micotossine nel grano, i metalli pesanti nel pesce e quant'altro ci sarebbe da dire, siano per la nostra salute tanto più genuini della carne? Purtroppo no.

in questo articolo stiamo mettendo la carne sul banco degli imputati, ma lo si potrebbe fare anche e soprattutto per un'infinità di altri alimenti reputati come genuini dall'opinione pubblica. Il giudizio non sarebbe altrettanto clemente.


Dobbiamo quindi rinunciare per sempre al consumo di carne nella nostra alimentazione perché, se la consumiamo, nessuno ci potrà salvare dal cancro?

La risposta è: NO!

Mangiate carne con moderazione ma serenamente, preferite quella fresca a quella conservata, magari proveniente da un allevamento di fiducia e variate la dieta con altri alimenti proteici, aggiungendo sempre delle verdure quindi vitamine, antiossidanti e fibre.

Per dormire più tranquilli, dopo una certa età, partecipate ai programmi di screening per la prevenzione e vedrete che non sarà il cancro del colon a mettere a fine alla vostra vita.


Visto che l'abbiamo chiamato in causa, nell'articolo che seguirà parleremo proprio del cancro al colon e di qual è il migliore strumento di prevenzione, per mezzo del quale si è riusciti finalmente "oggi" a ridurre davvero in modo notevole la morbilità e la mortalità per questa malattia, un tempo non molto distante considerata la prima causa di morte per tumore.


Grazie per la lettura e buon appetito.


Dott. Gabriele Bedini


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